Avvelenati dentro

Nell’ultimo mese e mezzo circa si sono verificati alcuni casi di probabile avvelenamento di animali selvatici nelle zone montane e limitrofe di Lazio e Abruzzo. Riporto cronologicamente. Ad aprile vengono rinvenuti i resti di un’Aquila reale nella zona del frusinate; pochi giorni dopo nella stessa area vengono ritrovati, a poca distanza uno dall’altro, due Grifoni morti vicino ad una carcassa di pecora, con alta probabilità imbottita di veleno. Sempre ad aprile nella medesima provincia altri due Grifoni vengono trovati morti nelle vicinanze di una carcassa di puledro su cui si erano quasi certamente alimentati.

foto di Pietro Santarelli

Nel corrente mese di maggio, appena iniziato, in un’area naturale che connette il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise con il Parco Naturale Regionale Sirente-Velino sono state trovate le carcasse di tre Lupi e quattro Grifoni ad una distanza di poche centinaia di metri. Infine pochi giorni fa sui Monti della Laga è stata ritrovata morta un’Aquila reale, un immaturo per l’esattezza.
Saranno tutti sottoposti a dovute analisi, ma è certo che l’uso di veleno è oggi una realtà sempre più preoccupante.

Facendo un breve resoconto, 13 animali selvatici morti nel giro di poco più di un mese. È chiaro che questi sono solo quelli ritrovati, ma rappresentano la punta di un iceberg che sicuramente si allarga su un fenomeno altamente diffuso che miete molte altre vittime che rimangono nell’ombra e di cui non sapremo mai. L’avvelenamento di animali selvatici è una preoccupante pratica in uso dai tempi antichi, fino agli anni settanta del secolo scorso era ancora legale in Italia contro gli animali cosiddetti “nocivi”; esso ha concorso anche nel portare sull’orlo dell’estinzione diverse specie di animali poste ai vertici delle catene alimentari ecologiche; oggi spesso si tratta di avvelenamenti determinati da diverse finalità come ad esempio un’errata e grave concezione di tutela degli animali domestici (ovini, bovini, equini) da parte di alcuni allevatori o pastori che portano gli animali nei pascoli montani, soprattutto nel periodo primaverile; questi vedono nell’eliminazione della fauna carnivora la soluzione alla possibile predazione sui domestici.

Personalmente ho avuto comunicazione che persino una pecora viva legata a un palo è stata utilizzata come esca per far avvicinare i lupi, per poi ucciderli. Un’altra grave finalità dell’utilizzo del veleno risiede nelle controversie tra tartufai, mirata ad eliminare i cani da tartufo dell’avversario di turno; purtroppo miete altre vittime tra gli animali selvatici. Anche la caccia è una attività che spesso fa uso di veleni per eliminare i predatori considerati come competitori per la medesima selvaggina oppure per eliminare i cani da caccia della concorrenza.

Sono pratiche illegali, difficili da prevenire senza un cospicuo controllo dei territori ricorrendo anche all’uso dei Nuclei Cinofili Antiveleno (NCA). Un problema serio dell’uso del veleno è che quest’ultimo si diffonde a macchia d’olio tra diverse specie animali che vanno a nutrirsi sulle carcasse avvelenate e che ne verranno a loro volta colpite. Mammiferi e uccelli, di cui soprattutto rapaci e corvidi, sono quindi costantemente sotto minaccia di esche o carcasse avvelenate. Le due aquile ritrovate morte, ad esempio, in così breve tempo e in una popolazione come quella laziale che conta poco più di una decina di coppie, rappresentano una perdita importante. Se ci soffermiamo sui grifoni la perdita è di otto individui nel giro di pochi giorni, davvero tanti. I grifoni poi, essendo avvoltoi, si concentrano principalmente nel cercare carcasse; in volo di perlustrazione si tengono d’occhio l’uno con l’altro ed una volta trovata la carcassa scendono ad uno ad uno per nutrirsene. Una carcassa avvelenata quindi può fare una strage.

Eppure è proprio grazie a loro e alla loro preziosa attività di animali spazzini che i sistemi ecologici, e quindi anche noi, si salvano dalla diffusione di virus, batteri e parassiti presenti nelle carcasse, che altrimenti si disperderebbero nell’ambiente. Anche i lupi, grandi predatori e regolatori dei sistemi naturali in cui vivono, già pesantemente perseguitati, cadono molto spesso vittime del veleno. In generale poi per alcune specie, le cui popolazioni sono in condizioni critiche di sopravvivenza, come ad esempio l’Orso bruno marsicano, la situazione si fa ancora più seria. L’uso del veleno non risparmia neppure gli animali domestici.

L’utilizzo del veleno e delle sostanze tossiche è un reato su tutto il territorio nazionale dal 1977 come espresso dalla Legge n. 968 (“Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia”), secondo la quale viene anche vietato l’utilizzo di tagliole, lacci e strumenti simili finalizzati alla cattura della fauna selvatica. Inoltre con la Legge n. 189/2004 (“Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”) l’uccisione degli animali è divenuta un reato penale che si esprime anche sotto diverse altre legislazioni successive. Più specificatamente per ciò che concerne l’uso di veleni diffusi nell’ambiente, e che quindi rappresentano un pericolo sia per la fauna che per l’uomo, nel 2008 è stata appositamente emanata l’Ordinanza Ministeriale “Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati” e suoi successivi aggiornamenti. I veleni maggiormente in uso rientrano nelle classi dei rodenticidi, insetticidi, molluschicidi e pesticidi, persino alcune sostanze antigelo per le auto. Ci vorrebbero rigidi controlli e selezioni nelle vendite di queste sostanze così pericolose, magari passando attraverso la registrazione delle generalità degli acquirenti in data base in capo alle Procure.

I latini usavano la parola “venēnum” per indicare una pozione, un filtro magico; forse anche risalente a Venere, questa pozione non sembra avere nulla a che vedere con la dea dell’amore e con l’idea di amore. Chi viene avvelenato, viene prima di tutto ingannato e, attraverso l’ingestione di qualcosa di estraneo alla biologia del proprio essere, viene danneggiato o portato a morte. Il veleno circola dentro i malcapitati, ma pensandoci bene circola soprattutto dentro coloro che lo spargono con cosciente volontà di uccidere; questo è un veleno di tutt’altra natura, è un veleno generato da una profonda ignoranza e dalla malsana idea che uccidere sia la soluzione. Questo veleno è potente ed insidioso, gestisce il comportamento dell’uomo e acceca la sua capacità vitale di convivenza e di empatia. Questi tredici animali che hanno perso la vita in così pochi giorni sono in verità lo specchio del veleno che ci portiamo dentro. È dentro di noi, dunque, che dobbiamo cercare un antidoto.