L’Aquila reale nell’Appennino Centrale: com’è andata la stagione riproduttiva 2017 nei monti del Lazio e nel PNALM.

Sono una cinquantina le coppie di Aquila reale (Aquila chrysaëtos) che si riproducono nell’Appennino Centrale dove, da diversi anni, la specie è in ripresa nonostante la densità delle coppie nidificanti rimanga bassa con valori di 2,9 – 3,6 coppie/1000 km². Contenuta è anche la consistenza dell’intera popolazione appenninica che si attesta intorno alle cento coppie.

Aquila reale - ph Gianluca Damiani ©Sempre nell’Appennino Centrale ogni anno Altura si occupa del monitoraggio di questo magnifico rapace grazie all’opera di alcuni soci e appassionati locali. Inoltre da alcuni anni le Aree Protette del Lazio e il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise operano in sinergia con l’associazione nello svolgimento della ricerca sul campo durante l’intero periodo riproduttivo.

Nel 2017 nell’Appennino laziale delle undici coppie presenti solo cinque si sono riprodotte con successo involando sei giovani. Quattro sono stati i fallimenti di nidificazione; due di questi sono correlabili al disturbo provocato dal volo di elicotteri nelle vicinanze del sito riproduttivo. La coppia della Laga laziale, nidificante all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, per la terza volta in cinque anni, ha involato due giovani e questo per l’Appennino è senz’altro un fatto di grande rilievo poiché i doppi involi si presentano con una frequenza inferiore al 10%.

Nel PNALM e zone di protezione esterna nidificano sette coppie (quattro all’interno dei confini del parco). Quest’anno solo tre coppie si sono riprodotte con successo involando altrettanti giovani. Storicamente la produttività di questo areale è sempre stata bassa e le cause di ciò non sempre sono di facile comprensione.

Ci sono poi diversi siti (storici) non ancora occupati da coppie nidificanti presso i quali nei mesi invernali e primaverili si osservano individui floaters e/o coppie di recente formazione, spesso solo temporanee. La dinamica di occupazione o rioccupazione di questi antichi territori è complessa e non ancora del tutto conosciuta, tant’é che i tempi che ne derivano sono tutt’altro che brevi.

L’aquila reale è un rapace a strategia K e per questo con produttività non elevata, tuttavia diversi (troppi!) insuccessi riproduttivi portano la firma dell’uomo. Oggi il disturbo antropico è, di fatto, il fattore limitante che più affligge l’aquila reale nell’Appennino. Paradossalmente è più facile (o meno difficile…) scongiurare la costruzione di un impianto eolico in un sito montano che impedire i tanti episodi di disturbo quale la caccia fotografica ravvicinata al nido, il motocross lungo le piste montane, il trekking di massa nelle vicinanze di nidi attivi, il deltaplano, le arrampicate ecc.…ecc.…

Per questo motivo il monitoraggio dei siti riproduttivi è fondamentale perché permette di rilevare, oltre agli esiti delle nidificazioni, tutti i fattori di minaccia che ostacolano il naturale svolgimento del ciclo riproduttivo delle aquile.

Per finire si ringraziano tutti coloro che hanno fattivamente collaborato a questa importante attività in questa parte dell’Appennino Centrale: Stefano Allavena, Carlo Artese, Massimo Brunelli, Giampiero Cammerini, Mario Cappelli, Valentina Capraro, Maurizio Carfagnini, Emanuela Castelli, Michael Ceruti, Marina Cianconi, Mario Cipollone, Laura Confaloni, Luigi Corsetti, Alfredo Cristallini, Gianluca Damiani, Bruno D’Amicis, Gaetano De Persiis, Massimiliano De Persiis, Emiliano De Santis, Ettore Di Masso, Tommaso Folchetti, Roberta Latini, Gianni Lauretti, Roberto Lippolis, Claudio Manco, Luigi Marozza, Tommaso Marsella, Gabriele Mastropietro, Luca Palleschi, Marco Panella, Emanuela Peria, Paolo Perrella, Andrea Pieroni, Emanuela Pucci, Annunzio Puglia, Roberto Ragno, Domenico Rossetti, Pietro Santarelli, Stefano Sarrocco e Leonardo Songini.

foto: Gianluca Damiani ©